Energia: una proposta per una battaglia autonoma e popolare
- PORTARE LO SCONTRO SUL TERRENO POLITICO-ISTITUZIONALE
L’impugnazione della legge n. 5 del 03/07/2024 – la cosiddetta moratoria – da parte del Governo avviene nelle stesse ore in cui il Consiglio dei Ministri approva in via preliminare lo schema di decreto legislativo in materia di regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili, nel quale si rimarca l’interesse pubblico prevalente alla realizzazione degli impianti. Conferma a tutti una strada obbligata e non più rimandabile: l’apertura di uno scontro politico-istituzionale tra Regione Autonoma della Sardegna e Governo italiano, nell’ottica di un superamento della cornice normativa centralista disposta dal Governo Draghi. La maggioranza deve prendere forza dalla grande mobilitazione in atto e schierarsi, senza timidezze, per la tutela delle prerogative statutarie e la ricontrattazione dei poteri coinvolti nella transizione energetica. L’opposizione di centro-destra deve scegliere da che parte sta, se con i sardi o dalla parte dell’attuale Governo che, con questa impugnazione, dimostra la sua perfetta continuità con il Governo Draghi.
Come Sardegna chiama Sardegna, pensiamo che la vertenza debba perseguire temporalmente tre macro-obiettivi strategici:
- l’apertura di un’inedita battaglia politica popolare e istituzionale che, partendo dalla difesa contro l’impugnazione del Governo, imponga un chiarimento legislativo sulle prerogative statutarie in materia energetica, urbanistica e paesaggistica da parte dello Stato, superando l’ombra dell’incostituzionalità che incombe su qualsiasi proposta di legge sarda. A margine di questa chiarificazione, che può e deve essere fatta nel rispetto degli obblighi imposti dalla Direttiva europea 2018/2001/UE e del Regolamento (UE) 2021/1119, serve una conseguente emanazione di una norma di attuazione dell’art. 4 dello Statuto sardo che definisca esattamente le competenze della Sardegna in materia di produzione e distribuzione di energia.
- L’autonoma definizione, attraverso la più celere stesura del nuovo Piano Energetico e Ambientale della Regione Sardegna (PEARS), di un prospetto pluriennale sulle FER da installare per far fronte alla chiusura delle centrali a carbone prevista per il 2027 e per la progressiva elettrificazione dell’Isola. L’orizzonte minimo dei 6,2 GW dev’essere rivisto in relazione al nuovo PEARS, sulla base del quale va ricontrattata con lo Stato la quota spettante alla Sardegna di impianti da installare entro il 2030.
- La revisione del Piano Paesaggistico Regionale (PPR) vigente e la sua estensione a tutto il territorio regionale, accanto ad alcune puntuali norme urbanistiche coerenti ad esso, per garantire una visione armonica della pianificazione regionale.
- L’approvazione di una legge organica sarda sull’energia che, seguendo le indicazione del PEARS, permetta alla Regione Autonoma di governare tutti gli aspetti riguardanti la transizione energetica.
Sui primi due punti occorre una soluzione politica derivante dall’apertura di un conflitto fra Regione Autonoma e Stato, con il coinvolgimento di tutte le forze politiche, sociali e dei movimenti sardi impegnati in questa battaglia. Senza una soluzione politica non solo non si potrebbero realizzare efficacemente il terzo e il quarto obiettivo ma, nell’immediato, tutte le proposte di legge oggi in discussione rischierebbero di risultare vanificate dai recenti orientamenti della Corte Costituzionale.
- COSA FARE NELL’IMMEDIATO
- In linea con le richieste del Coordinamento dei Comitati contro la speculazione, La Regione deve far rispettare le leggi sul dibattito pubblico e sospendere tutto. Lo può fare approvando una Delibera di Giunta ai sensi dell’art 14 della Legge Urbanistica Regionale n. 45/1989 che, facendo valere la competenza primaria in materia urbanistica – nonostante una certa e nuova impugnazione da parte del Governo -, imponga in via cautelativa il blocco temporaneo di 3 mesi per ogni attività – escluse quelle per l’autoconsumo – di costruzione dei mega impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, degli impianti di stoccaggio, degli impianti di approdo e connessione elettrica con impianti offshore, degli impianti di connessione, distribuzione e trasformazione elettrica. Una delibera che comprenda anche quelli in corso di realizzazione per i quali “non sia già stata una trasformazione irreversibile dei luoghi”. Serve a prendere ulteriore tempo, per non compromettere l’efficacia della legge sulle aree idonee, del PPR aggiornato ed esteso, nonché garantire una coerenza con il nuovo PEARS.
- La Regione deve dare immediato seguito alla richiesta dell’ANCI Sardegna e aprire un grande cantiere di elaborazione definito da una cabina di regia tecnica/politica che veda al suo interno rappresentanti degli Enti Locali e dei Comitati, funzionale alla definizione del testo di legge sull’individuazione delle aree idonee e non idonee (col parere obbligatorio espresso dal Consiglio delle Autonomie Locali della Sardegna) e alla scrittura delle linee guida del nuovo PEARS e delle norme di aggiornamento, adeguamento e completamento del PPR. Sulle aree idonee crediamo vadano massimizzate in prima istanza: le aree i cui suoli siano già impermeabilizzati; le superfici di copertura di tutti gli edifici; le aree contigue e di pertinenza di arterie viarie, ferroviarie e ciclabili. Se non bastassero (come suggeriscono diversi studi autorevoli: ICCP, Project Drawdown, Politecnico di Milano), serve il massimo coinvolgimento degli esperti, delle comunità locali e dei comitati, per individuarne altre, sempre in coerenza con gli obiettivi del PEARS.
- Una battaglia condivisa, in sede di Conferenza Stato Regioni, per il superamento della normativa sulle misure compensative finanziate dagli operatori delle fonti rinnovabili disciplinate dal Dlgs 387/2003 e dalle Linee Guida per l’installazione degli impianti a fonti rinnovabili del 2010. La normativa in questione risulta essere anacronistica e vessatoria, in considerazione degli obiettivi nazionali ed europei verso la decarbonizzazione. Non bastano più le misure compensative di carattere non patrimoniale, da versare esclusivamente ai comuni che ospitano impianti rinnovabili, in una misura inferiore al 3% del fatturato dell’impianto e solo qualora sussista un danno ambientale che sia meritevole di compensazione.
- Bisogna supportare la raccolta firme per la legge Pratobello 24, pur rinvenendo alcune mancanze che impediscono a tale proposta di essere risolutiva: i potenziali tempi dilatati di discussione della norma in Consiglio Regionale; il già citato rischio di incostituzionalità dovuto a una preminenza della tutela ambientale, in forza dell’art. 9 della Costituzione e del recepimento delle direttive europee nella legislazione statale. Pur consapevoli di questi limiti, pensiamo sia uno dei diversi strumenti di pressione politica popolare che possono legittimare ulteriormente l’approfondimento di un confronto/scontro con lo Stato per gli obiettivi di cui sopra e, nondimeno, che abbia il merito di mettere al centro dell’attenzione soluzioni per una transizione diffusa (attraverso le Comunità energetiche) e micro-impattante (piani di energia rinnovabile lineare).
- OLTRE LA DIFESA, COSTRUIRE L’ALTERNATIVA
Sardegna chiama Sardegna è sin dalla prima ora al fianco dei comitati e delle amministrazioni locali che lottano contro la speculazione energetica. La nostra è una lotta “dentro” la transizione, per riportarla nelle mani dei cittadini, non “contro” la transizione. Vogliamo lo stop alla costruzione di ogni infrastruttura legata al fossile, accelerare la decarbonizzazione del sistema elettrico ed energetico rispetto ai tempi previsti dall’Europa, la diffusione imponente delle comunità energetiche, l’elettrificazione dei consumi e l’efficientamento energetico, la copertura dei consumi non elettrificabili con l’idrogeno – rigorosamente verde e prodotto in loco. Le scelte sugli effettivi fabbisogni, le aree idonee, la taglia degli impianti, delle infrastrutture e le procedure autorizzative devono però essere normate dai diversi livelli di governo della Sardegna, dalla RAS agli Enti Locali, in armonia con le direttive europee e con la massima partecipazione delle comunità locali oggi tenute ai margini del processo decisionale, con il massimo ritorno in termini economici per chi vive la nostra terra e con la minima modificazione del paesaggio. Pensiamo che questa sia la strada che trasversalmente ci debba vedere uniti in quanto sarde e sardi, affinché la transizione diventi non soltanto un cambiamento necessario, ma un’occasione di sviluppo per chi vive la nostra Isola e non l’ennesima modernizzazione passiva e coloniale.
In questo solco, pensiamo che una nuova legge regionale sull’energia che scaturisca dal nuovo PEARS e che faccia sintesi tra le proposte oggi in discussione debba contemplare:
- un ruolo attivo della Regione nella produzione di energia da FER attraverso la costituzione di Agenzia Regionale per l’Energia (o una revisione di Enas) a partecipazione pubblica, che pianifichi la produzione di energia in capo alla stessa RAS, perequando costi e ricavi a vantaggio dei cittadini, anzitutto abbattendo i costi dell’energia per tutte le Pubbliche Amministrazioni;
- un’incentivazione senza precedenti e un sostegno tecnico per la costituzione delle Comunità Energetiche Rinnovabili, per abbattere i costi dell’energia per le famiglie e di parte del tessuto produttivo;
- un ruolo pubblico, attraverso la SFIRS, nel rafforzamento di una filiera privata sarda che operi da protagonista sulle rinnovabili e nell’efficientamento energetico, affinché la Sardegna sia sempre meno terra di conquista per investimenti esogeni e diventi una terra di innovazione e investimenti sardi e per i sardi.
In prospettiva, facendo leva sulla norma di attuazione dell’art. 4 e sul nuovo PEARS, la Sardegna dovrebbe procedere verso una regionalizzazione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili per i nuovi impianti di grande taglia, perché siano di proprietà regionale (o a maggioranza regionale con la partecipazione azionaria dei cittadini sardi). Questi dovrebbero essere assegnati per la realizzazione e la gestione tramite gara a società specializzate private, o anche alla futura Agenzia Sarda per l’Energia.
Per gli impianti di piccola e media taglia, spazio alle CER locali largamente incentivate, all’autoproduzione e all’autoconsumo.
- PER UNA POSIZIONE AUTONOMA E POPOLARE
Il dibattito in Sardegna sulle rinnovabili rischia di essere compromesso da due posizioni diverse ma speculari nelle conseguenze: lasciare che la Sardegna continui ad essere una terra di conquista e servitù.
La prima è una posizione attendista che, con lo scopo di difendere il Governo regionale da qualsiasi critica o, peggio, in linea con alcuni interessi privati, minimizza il problema e non si unisce a una battaglia per una transizione democratica, giusta socialmente ed ecologicamente. Questa posizione fa il gioco tanto agli speculatori privati sulle rinnovabili garantiti dal contesto normativo centralista, quanto ai detrattori delle rinnovabili che fanno leva sulla timidezza del Governo regionale nel contrasto alla speculazione.
Questi ultimi, che rappresentano la seconda posizione, stanno provando a sfruttare la straordinaria mobilitazione dei comitati e delle amministrazioni locali per spingere implicitamente o esplicitamente a una riduzione della quota di rinnovabili e a un ruolo maggiore del metano. Sullo sfondo c’è SNAM e le sue partecipate (Enura e Italgas su tutte) che, per ogni infrastruttura di import, di stoccaggio e di distribuzione di metano, ha accesso a sussidi statali che riducono al minimo il rischio di impresa a spese dei contribuenti. Tuttora, nel silenzio più assoluto, si procede con lo sventramento della nostra Isola per realizzare depositi in larga misura sottoutilizzati. In prospettiva, con la complicità di un pezzo di tessuto privato (in primis in ciò che resta dei poli industriali, senza dimenticare il giro di appalti per le costruzioni) e professionale sardo, si rischia la concretizzazione di una obsoleta e costosa “metanizzazione” composta almeno da un tratto della dorsale e rigassificatori. Un giro di affari spropositato per pochi, sulle spalle della maggioranza dei sardi e a discapito della transizione ecologica.
Entrambe le posizioni, che incidono rispettivamente nella linea editoriale dei due principali quotidiani sardi, vanno denunciate e contrastate da una proposta autonoma e popolare, animata dai comitati e da tutte le forze politiche e sociali che vogliono che il Governo Todde assuma la sfida dell’apertura del conflitto istituzionale con lo Stato e faccia un esercizio attivo e non più difensivo dei poteri della Regione Autonoma, per affermare un modello di transizione democratica e sostenibile.
Sardegna chiama Sardegna continuerà a coltivare questa posizione in ogni contesto di confronto istituzionale e di mobilitazione.